Antichi dolci greci
I primi dolci di cui si ha notizia
nella storia greca sono quelli offerti sugli altari ai ghiottissimi
dei. I cosiddetti “popana polyomphala” (è il nome più antico
che si conosca riferito ad un dolce) sono, ad esempio, in stretto
rapporto con la “Madre” primigenia. Ciambelle a forma di mezza
luna erano offerte ad Artemide, mentre, quelle a forma di lira ad
Apollo. I cosiddetti “aidola”, impastati con miele e sesamo,
venivano consumati durante le festività di Dioniso. Biscotti a forma
di bue comparivano, invece, sugli altari di Zeus Poliade, insieme ad
altre offerte. La lista dei dolci cerimoniali, nell’antica Grecia,
non si può dire fosse esigua, quasi che ogni divinità avesse il suo
preferito. Comunque, il comune denominatore della pasticceria divina
era, senza dubbio, il miele: Famoso era quello prodotto sul monte
Imetto, ritenuto il migliore del mondo. Il sacro frutto di Melissa
era, spesso, accompagnato dal sesamo, ma anche dalle noci e dalle
mandorle. I minoici prediligevano dei dolcetti al sesamo e allo
zafferano, dalla forte valenza erotica. Miele, sesamo e farina sono i
componenti delle cosiddette “itria”, arcaiche crepes, cotte su
piastre di bronzo. Mentre, le “placente” o “plakountes” erano
sottile sfoglie di pasta, condite in vario modo. Nella Creta arcaica
era in voga il “gastrin”, composto da noci, mandorle, uva
sultanina, semi di papavero e semi di sesamo. Ingredienti che ancora
oggi sono alla base della pasticceria greca. In particolare, i semi
di sesamo decoravano (e decorano) una gran quantità di pani e di
dolci. Nei banchetti dell’epoca classica si sgranocchiavano dei
dolcetti di solo miele e sesamo, detti “sisamithis”, qualcosa di
molto simile agli odierni, popolarissimi “pasteli” (croccante di
sesamo). La ricotta fa la sua comparsa nei dolci dell’epoca
classica.
Artemidoro riporta una ricetta a base di ricotta, i “tetiromeni plakountes”, una specie di calzoncini dolci. Una sorta di budino, a base di mosto e farina, era il “moustalevrìa”, consumato in autunno, durante la vendemmia. Sempre con il mosto non fermentato si faceva il cosiddetto “vin cotto”, usato per condire i dolci di pasta fritta come le “tighanìtes”.
Artemidoro riporta una ricetta a base di ricotta, i “tetiromeni plakountes”, una specie di calzoncini dolci. Una sorta di budino, a base di mosto e farina, era il “moustalevrìa”, consumato in autunno, durante la vendemmia. Sempre con il mosto non fermentato si faceva il cosiddetto “vin cotto”, usato per condire i dolci di pasta fritta come le “tighanìtes”.
Ivana Tanga, www.taccuinistorici.it
Nessun commento:
Posta un commento