lunedì 29 ottobre 2012

Torta Sacher

LA TORTA SACHER

                                                Cioè lei non conosce la torta Sacher?
                                                Continuiamo così, facciamoci del male.

                                                Dal film "Bianca", Nanni Moretti




La torta Sacher è la più classica e conosciuta torta al cioccolato.  Amatissima nel nostro Paese, è formata da due strati di uno speciale Pan di Spagna al cioccolato ( la ricetta originale prevedeva 14 tuorli d'uovo e 18 albumi) farciti da una confettura di albicocca e ricoperta da una glassa al cioccolato, capace di far venire l'acquolina in bocca anche alla persona meno golosa. La combinazione tra l'amaro del cioccolato fondente con il dolce fruttato della confettura di albicocca è davvero indovinatissima.
La storia racconta che questa straordinaria torta sia stata ideata a Vienna dal giovanissimo pasticcere Franz Sacher, capostipide di una ricca famiglia di albergatori, per Klemens Von Metternich, il 9 luglio 1832.
Il principe amava stupire i suoi ospiti con piatti sempre nuovi. Per un pranzo importante ordinò di creare una nuova torta e fu Franz, che sostituiva il cuoco malato, ad ideare questo dolce usando la nuova scoperta dell'epoca, il cioccolato. Il trionfo di questa torta fu così grande che ben presto divenne famosissima in tutta l'Austria. Fu il nipote di Franz, Eduard Sacher, che vendette al pasticcere Demel la licenza di produrre la Sacher nella sua pasticceria. In seguito nacque una contesa su chi aveva il diritto di  ornare la torta con il sigillo Sacher Torte: i discendenti di Sacher che l'aveva inventata o il pasticcere Demel che aveva acquistato la licenza? Ne nacque una vertenza che durò sette anni, in seguito alla quale , nel 1888, l'Albergo Sacher vinse la causa.
Ancora oggi chi vuole gustare la vera torta Sacher può farlo all'albergo Sacher di Vienna. E' possibile gustarla anche in Italia,  a Bolzano, nell'unico punto vendita Sacher esistente oltre confine.

Piccoli appunti storici: nel 1832, data di nascita della torta, l'impero Austro-Ungarico dominava il nord Italia, Silvio Pellico pubblicava " Le mie Prigioni", Mazzini aveva 27 anni,  a Roma insorgevano i liberali, duramente repressi dal Papa Re Gregorio XVI. Rivolte nello Stato Pontificio anche a Cesena e Forlì;  i francesi sbarcavano ad Ancona e vi restavano fino al 1 agosto, quando la città venne riconsegnata al Pontefice.
A Vienna, il 6 luglio 1832 nasceva Ferdinando Massimiliano d'Austria, principe imperiale e Arciduca d'Austria, futuro imperatore Massimiliano I del Messico.
Sempre nel 1832,  un farmacista di Dogliani, Domenico Ghigliano, inventò il fiammifero a sfregamento.
(Ma come facevano, prima, a fumare la pipa?)




Degustazione torta Sacher

Degustazione di una torta Sacher fatta arrivare da Vienna.
Sono in casa di mia cognata, in compagnia dei miei nipotini. La torta è arrivata nella sua tipica cassetta di legno chiaro. Appena viene servita in tavola facciamo grandi feste e acclamazioni.
L'aspetto è severo, a differenza delle nostre "sacher", che portano il nome scritto con il cioccolato fondente, questa è liscia con il solo sigillo.
La pasta della torta è compatta, tipica della pasta non lievitata. Il sapore è buono, ma ciò che rende la Sacher così raffinata è la sua glassa: morbida, si scioglie in bocca lasciando il gusto dello zucchero a velo e del cioccolato, ma soprattutto è il sapore della gelatina di frutta, spalmata sulla torta prima di essere ricoperta con la glassa, che, unita al sapore della glassa di cioccolato, lascia in estasi.
Faccio sforzi per non "rubare" un pezzetto di glassa rimasto sul piatto.
Voto 10.





lunedì 22 ottobre 2012

STORIA DEL CIOCCOLATO

CRONOLOGIA


600 dC
Ai Maya si fa risalire la più antica piantagione di cacao. I semi di cacao vengono considerati un bene prezioso e vengono usati per preparare una bevanda, il xocoatl, dal gusto molto speziato e intenso.

1200
Ha inizio la dominazione Azteca sui Maya, il cacao continua ad essere utilizzato come bevanda. anche dall'imperatore Montezuma, e inizia a venire aromatizato con vaniglia.

1500
Cristoforo Colombo prima, e Cortéz dopo, coprono nelle Americhe la pianta del cacao e ne portano i semi in europa, alla corte dei Re di Spagna. Da questo momento in poi, grazie ai commerci degli spagnoli con le colonie americane, il cacao inizia a venire introdotto nel vecchio continente, dove è però consumato esclusivamente come bevanda.
Dapprima gli spagnoli seguono la ricetta degli Aztechi, con ulteriore aggiunta di peperoncino e spezie, in seguito si inizia ad aggiungere anche lo zucchero, la cannella e la vaniglia, per un cacao dal gusto più dolce ed aromatico.

1600
Grazie alla corti reali, che ne iniziano la moda, comincia la diffusione estesa, in Europa, del cacao, che però rimase un piacere molto esclusivo e costoso.
In Italia, i maestri veneti e fiorentini diedero vita all'arte della preparazione del cioccolato e iniziarono ad esportare i loro prodotti. In Inghilterra sorsero numeroso Chocolate Houses , sempre solo, però per un consumo destinato alle classi più ricche.

1800
Il cioccolato inizia ad essere accessibile anche ad un pubblico più vasto, la qualità del prodotto viene migliorata con nuove tecniche di lavorazione.

1875
Lo svizzero Daniel Peter aggiunge al cioccolato del latte condensato, per la prima volta è possibile gustare il cioccolato anche in forma solida.

                                                                                                                               DEDICATO A BARBARA

 Cacao Maravigliao

La prodigiosa storia del cacao e del cioccolato


La storia del cacao è legata alla pianta di cacao che, secondo alcune ricerche botaniche, si presuppone fosse presente già 6000 anni fa nel rio delle Amazzoni e nell' Orinoco. Le prime coltivazioni di cacao furono effettuate dai Maya, indicativamente nel 1000 A.C. Successivamente anche gli Aztechi si dedicarono alla coltura del cacao e alla produzione della cioccolata, associando questa pianta al culto della dea della fertilità. Il cacao veniva utilizzato nelle cerimonie religiose ed era usanza che venisse offerto, insieme all'incenso, come dono alla divinità.
Oltre ad un impiego liturgico e cerimoniale, nelle Americhe il cioccolato veniva consumato anche come bevanda, dal nome xocoatl ( da cui cioccolato), spesso aromatizzato con peperoncino, vaniglia, fiori di magnolia o pepe: tale bevanda era ottenuta a caldo o a freddo con l'aggiunta di acqua e eventuali altri componenti, quali gli addensanti, come la farina di mais, i minerali o il miele.
La bevanda aveva l'effetto di alleviare la fatica ed era considerata un simbolo di potere e ricchezza, riservata quasi esclusivamente ai re e ai sacerdoti. Nell'epoca pre-columbiana, i semi di cacao erano considerati talmente preziosi che venivano adoperati anche come moneta di scambio o come di unità di misura.
La civiltà europea conobbe il cacao solo nel 1502, a seguito della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo, che nel corso del suo quarto e ultimo viaggio sbarcò in Honduras. Al suo ritorno portò con sé alcuni semi di cacao da mostrare a Ferdinando ed Isabella di Spagna, ma non diede alcuna importanza alla scoperta; dal gusto troppo amaro per essere gradevole, la bevanda dapprima non riscosse alcun successo. Solo con Herman Cortéz nel 1519 si ha la un più consistente arrivo del cacao in Europa.
Ci vogliono comunque ancora una settantina di anni perchè il primo carico documentato di cacao, proveniente dal Nuovo Mondo, arrivi a Siviglia, città in cui aveva sede il “Reale Consiglio delle Indie”, tramite cui la Corona spagnola controllava tutti i traffici commerciali, l'amministrazione e gli assetti militari e religiosi delle proprie colonie d'oltre oceano.
Il cioccolato veniva servito a corte come bevanda, a cui i monaci speziali spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele ed infusi, aggiunsero la vaniglia e lo zucchero, per modificarne il sapore troppo amaro. Per tutto il 1500 la cioccolata rimase un'esclusiva della Spagna, che ne incrementò la coltivazione, introdotta anche in Francia grazie ad Anna, infanta di Spagna, sposa di Luigi XIII.
In Italia si presume che venisse introdotto già nel 1585 in Piemonte, grazie Caterina di Spagna che andò sposa a Carlo Emanuele di Savoia e in Sicilia, dove regnava la corte spagnola. In Toscana viene invece portata dal mercante e scrittore fiorentino Francesco Carletti, autore del bel romanzo “Ragionamenti del mio viaggio intorno al mondo”.
E' però solo nel 1600 che il cacao comincia a diffondersi nel resto dell'Europa.
Presto divenne un lusso alla moda, richiesto in tutte le corti europee e gli olandesi, abili navigatori e commercianti, riuscirono a strappare alla Spagna il controllo mondiale e il predominio commerciale di questo prodotto.
Per tutto il 1700 la cioccolata fu considerata la bevanda di moda e addirittura le vennero attribuite virtù miracolose. Nacquero numerose “cioccolaterie”: a Venezia nelle botteghe del caffè si usava servire molte versioni di questa bevanda, specialità differenti, per gusto e consistenza, a quelle che conosciamo oggi. Essendo ritenuta un simbolo di ricchezza e di abbondanza, era uso servirla nel corso di banchetti e durante i matrimoni.
Il Brasile, la Martinica e le Filippine aumentarono la coltivazione del cacao. Solo alla fine del Settecento, o all'inizio dell'Ottocento, molte città europee si attribuirono la fama di aver scoperto la ricetta del cioccolato, così come lo conosciamo oggi: nel 1828 l'olandese Van Houten brevettò un metodo per separare la polvere di cacao e il burro dai semi. Nacque così il moderno cioccolato industriale, da cui si ottenne la bevanda densa e morbida così come la conosciamo oggi, ma soprattutto, grazie a questa scoperta, fu in seguito possibile preparare il cioccolato in tavoletta e i cioccolatini.
La moda della bevanda fu così superata dalla moda per il Cioccolato.

venerdì 19 ottobre 2012

STORIA DEI BISCOTTI

DALLA PREISTORIA AI ROMANI


Cotto due volte per sconfiggere le insidie del tempo restando a lungo fresco e fragrante: ecco il segreto di uno dei dolci più cari e diffusi. Friabile oppure spugnoso, morbido o croccante, si presta a mille interpretazioni. Non era ancora l’alba per la civiltà, ma già in Medio Oriente l’agricoltura preistorica si esercitava su cereali di diverse specie. Macerati nell’acqua, i chicchi davano origine a poltiglie di varia consistenza. Poi probabilmente, successe che questo composto cadde sulle pietre ancora arroventate da un recente fuoco. Al disappunto iniziale dei presenti, seguì certamente la piacevole sorpresa dell’aroma di quella “galletta”. Era nata una nuova ricetta, molto prima del pane: il biscotto.
Le preparazioni subirono un’evoluzione notevole, insaporendo le paste di base con sesamo, ceci, formaggio, e dolcificandole con uva, fichi, miele. Biscotti e pasticcini erano confezionati già nell’Egitto dei Faraoni per divertire il sovrano non meno che i bambini, come testimoniano i geroglifici.
I Greci creavano dei biscottini votivi di vari forma, uccelli, maiali, tori, a secondo della divinità alla quale erano destinati. Sulla tavola di tutti i giorni non mancavano biscotti raffinati, che pare costituissero la prima e l’ultima portata dei banchetti. Ogni città dell’Ellade andava fiera di una particolare specialità, mentre filosofi e letterati non trascuravano di occuparsi di queste ghiottonerie.
D’orzo, prima che di frumento, furono i biscotti italici fino al V sec. a.C. Orazio regalava in premio ai suoi scolari diligenti i “crustula”, mentre il “buccellatum” era destinato al “buccellarius” cioè il legionario di terraferma impegnato nei lunghi spostamenti. Con il passare del tempo la pasticceria Romana subì una grande evoluzione. Nella capitale dell’impero, sia presso le cucine domestiche che nei “pistores dulciarii” (pasticceri), fu un rigoglio di raffinatezze, quali l’ “humus” (sarta di ciambelle) e il “globulus” (pasticcino alle mele). Particolarmente famosi erano i “crustulum”, consumati dopo le cerimonie sacrificali da offerenti, sacerdoti e aiutanti religiosi, così nelle strade di Roma i “crustularii” si contendevano a viva voce il primato della propria merce.

giovedì 18 ottobre 2012








STORIA DEI DOLCI

I primi dolci veri e propri di cui si ha notizia risalgono ai tempi degli antichi greci, che conoscevano almeno una cinquantina di ricette per produrli. Il tipo più diffuso, il plakoàq, era una sorta di biscotto che veniva preparato con farina d’avena miscelata a miele e formaggio bianco. Tra i romani, gli ingredienti dei dolci erano pressoché gli stessi. Uno di essi, preparato in sfoglie di pasta farcita con formaggio e miele, era chiamato placenta, da placenda est, «destinato a piacere». Come fra i greci, anche nel mondo latino i dolci avevano un significato simbolico e augurale: ne è un esempio il rito della confarreatio, nel quale gli sposi offrivano a Giove Capitolino un dolce di farro, usanza in qualche modo sopravvissuta ancora oggi nella tradizionale torta nuziale. Altri dolci venivano preparati per offrirli al dio Giano, cui era dedicato il mese di gennaio, a scopo propiziatorio per il nuovo anno.
Allo stesso modo, in tempi successivi e fino ai giorni nostri, i dolci hanno continuato a essere associati a ricorrenze e festività, così come a tutti i riti di passaggio, quali battesimi, compleanni, matrimoni, sempre con un duplice significato, alimentare e simbolico, al pari, del resto, di quanto avviene con il pane.
Nel tempo, l’arte della pasticceria è andata progressivamente affinandosi e, eccettuato un periodo di crisi durante il Medioevo, con i fasti del Rinascimento e del Cinquecento essa ha trovato un nuovo impulso, soprattutto grazie agli abilissimi pasticceri italiani, impiegati nelle corti europee, che portarono innovazioni di ogni tipo, tra cui le prime confetture e marmellate. Nel secolo successivo, il Seicento, furono soprattutto i pasticcieri francesi ad affermarsi, mentre cominciarono a farsi sentire gli influssi delle grandi scoperte e dei viaggi di esplorazione nei diversi continenti: fu così che, con l’importazione del cacao proveniente dall’America, si giunse all’altra rivoluzione dolciaria dopo quella della canna da zucchero, che era stata introdotta in Europa dai Crociati.
Il Settecento è invece il secolo dei piccoli dolci e dei confetti, che, inizialmente consumati solo dalle nobili, ricche famiglie delle corti reali, si diffusero successivamente anche a livello borghese, in concomitanza con i grandi rivolgimenti sociali. A quell’epoca risale la maggior parte delle ricette della tradizione dolciaria italiana, anche se molte di queste, a loro volta, erano il risultato di elaborazioni di ricette molto antiche.

lunedì 8 ottobre 2012

LE UOVA


Molti, quando chiedi quali sono i diversi tipi di uova, rispondono grandi, medie e piccole.
Ma ci sono molte altre differenze nelle uova. Per esempio ci sono le uova di allevamento in batteria, allevamento in gabbia e allevamento a terra.

Quali sostanze nutrizionali potranno mai fornire delle uova prodotte all'interno di veri e propri lager per animali?
Per la salute e il rispetto del mondo animale, fai molta attenzione al codice riportato!


Conosci le tue uova?
 
Oggi il 90% delle uova in Italia è ottenuto da galline IMPRIGIONATE a vita negli allevamenti in batteria, in gabbie di metallo, così PICCOLE DA NON RIUSCIRE NEANCHE A MUOVERE LE ALI, che dovrebbero essere eliminate o notevolmente ampliate e modificate a partire dal 2012, secondo quanto stabilito da una normativa dell'Unione Europea.

Un codice alfa numerico identifica ogni uovo:

il primo numero Indica la tipologia di allevamento
0 = biologico (una gallina per 10 metri quadrati su terreno all'aperto, con vegetazione)

1 = all'aperto (una gallina per 2,5 metri quadrati su terreno all'aperto, con vegetazione)

2 = a terra (7 galline in un metro,su pavimento coperto di paglia o sabbia) - capannoni privi di finestre e luce sempre accesa!


3 = in gabbia (25 galline per metro quadrato in posatoi che offrono 15 cm. per gallina) - una scaola da scarpe per tutta la loro vita. Le galline sono molto vicine una all'altra per cui è necessario, per prevenire il diffondersi di malattie, somministrare loro gli antibiotici, che poi ritrovimo nelle uova che consumiamo.

State molto attenti quindi al timbro sul guscio dell'uovo, oppure, sulla confezione, alla dicitura ALLEVAMENTO BIOLOGICO (0), ALLEVAMENTO ALL'APERTO (1), A TERRA (1), e IN GABBIA (3).
La differenza di prezzo è davvero poca, ma la differenza di qualità fra un uovo e l'altro è grandissima.

martedì 2 ottobre 2012

storia dello zucchero

Storia dello zucchero

Greci e Romani conoscevano lo zucchero, importato dall’Oriente in piccole quantità, ed impiegato esclusivamente a scopi terapeutici. Furono gli Arabi che lo introdussero in Spagna e Sicilia intorno all'anno mille, e la sua parziale diffusione nella nostra penisola avvenne grazie alle Repubbliche Marinare. Raro e costoso, perché ricavato dalla canna da zucchero tipica dei climi tropicali, non entrò nell’uso quotidiano come dolcificante, ma fu trattato alla stregua di una spezia medicamentosa da vendersi nelle botteghe degli speziali.
Con l'accrescere della sua importazione, a Venezia molte famiglie si arricchirono a tal punto da essere chiamate "re dello zucchero".
Si esigevano pedaggi per permetterne il passaggio attraverso i vari paesi, tanto che un pane di zucchero poteva valere quanto un pane d'argento dello stesso peso.
Il “sale bianco” o “sale dolce” fu identificato a lungo come un elemento di potere e distinzione delle classi nobili, sia spolverato sulle pietanze per impreziosirle, sia modellato nei “trionfi” che adornavano le tavole dei banchetti. Lentamente, come risulta da ricettari del ‘300, lo zucchero entrò nella preparazione di molte vivande, accrescendo la composizione di dolci complessi, e contribuendo ad esaltare il sapore agro-dolce che tanto attirava l’uomo del tempo.
La scoperta dell’America, con i suoi ampi territori tropicali, suggerì agli Europei la possibilità di ottenere grandi profitti coltivando la canna da zucchero in Brasile e nelle isole delle Antille.
Cristoforo Colombo così scriveva nel 1494: “Di canne da zucchero non ne ho portate quante avrei voluto. Ho grande desiderio che ci sia abbondanza di esse. Qui c’è terreno per farne piantagioni…”.
Con la diffusione delle coltivazioni di “canna” anche nelle isole Atlantiche (Canarie e Azzorre), grazie a Spagnoli e Portoghesi, il costo del “sale dolce” divenne più accessibile, e la materia vide incrementare il suo impiego nella cucina delle classi elevate, facendo nascere sopratutto in Italia dolci ricchi e fantasiosi.
Dobbiamo aspettare il settecento perché il “sale dolce” cominci ad essere un prodotto consumato diffusamente, utilizzato anche in bevande alla "moda" come caffé e cioccolata.
Nell’Europa napoleonica questa “dolcezza” venne a mancare a causa del blocco continentale, e si provvide a sostituire lo zucchero di canna con lo zucchero di barbabietola, riscoprendo l'intuizione di Olivier De Serres che nel 1575 aveva ricavato il "sale bianco" dalle rosse barbabietole.
Per forti interessi protezionistici, lo zucchero di canna tornò a circolare liberamente nel nostro continente soltanto dopo il 1915.

www.taccuinostorico.it

lunedì 1 ottobre 2012

SURPRISE!
La vita è tutta un divenire, per cui... niente torta Barozzi!
Per cause di forza maggiore, invece di andare ad assaggiare la mitica torta Barozzi a Vignola,
sono finita alla tappa N.2


PAVIA, LA TORTA VIGONI O TORTA DEL PARADISO.

La torta Vigoni è stata messa a punto dal pasticcere Enrico Vigoni che , dopo aver imparato l'arte a Milano, aprì una pasticceria nel centro storico di Pavia nel 1878. Di sicura derivazione della torta Margherita, da cui si differenzia per una più consistente quantità di burro, la torta Vigoni deve la sua fama alla bontà dei suoi ingredienti e alla sua lavorazione, sicuramente magistrale, che ne fa un dolce unico, assolutamente perfetto eppure semplice. Fu il Marchese Cusani Visconti a commissionare ad Enrico Vigoni l’ideazione di un dolce molto particolare. Dall’instancabile impegno del giovane pasticciere pavese nacque quindi una torta speciale, friabile, squisita, dagli ingredienti sapientemente dosati perché si conservasse fresca e gustosa per parecchi giorni. Ad assaggiarla per prima fu una nobildonna che la definì subito “Torta del Paradiso”. Quello divenne il suo nome e segnò il successo di Enrico Vigoni.
In breve la torta Paradiso divenne il dolce alla moda della borghesia pavese, molto apprezzata anche dagli studenti di medicina, in quanto la pasticceria Vigoni si trova di fronte all'Università di Pavia. Si dice che, nel pomeriggio, quando la torta appena sfornata spandeva nell'aria il suo aroma irresistibile di limone e vaniglia, pian piano la biblioteca dell'Università si svuotasse di tutti gli studenti, che si ritrovavano nella pasticceria Vigoni a gustare questo dolce. Questa leggenda non è confermata, ma è molto probabile.
Anche Gianni Brera, nativo di Pavia, era un amante di questa torta, e ogni Natale omaggiava i suoi amici spedendo loro un pezzettino della sua amata cittá in formato torta Paradiso.
Gli ingredienti della torta Vigoni sono:: farina, fecola di patate, zucchero, uova, buccia di limone grattuggiata, lievito, vaniglia.
Importante è, a quanto si dice, anche lavorazione, che deve incamerare più aria possibile, per dare alla torta la sua rinomata sofficità.







GITA A PAVIA- DOMENICA 30 APRILE 2012

Domenica è una bella giornata di inizio autunno, il clima è mite e il viaggio piacevole. Parto in gita con due amiche, Fulvia e Giuly e Kim, un bastardino bianco e nero, noto ghiottone.
(Si potrebbe dire, parafrasando Jerome K. Jerome " Tre donne in auto per non parlar del cane").
Lasciata l'autostrada, ci inoltriamo nella campagna pavese. Nelle risaie, le piantine di riso ormai maturo sono dorate, qualche airone sosta pensieroso ai lati dei canali. Durante il viaggio ci giunge la telefonata di un'amica, che, saputo che si andava alla pasticceria Vigoni, ci prega di comperare una torta per lei, in ricordo dei suoi anni di studentessa di medicina. Finalmente raggiungiamo Pavia e ci inoltriamo nelle strade del centro.
C'è molta animazione, sabato ha piovuto moltissimo e questa inaspettata giornata dal clima primaverile ha piacevolmente sorpreso tutti gli abitanti, che non si sono lasciati sfuggire l' occasione per godersi la bella giornata. Abbiamo appuntamento con un'amica di Pavia, Gabry, che ci fa da guida ai monumenti più importanti.
Dopo un doveroso giro della città, finalmente è giunta l'ora di entrare nella pasticceria Vigoni.
La pasticceria, situata proprio di fronte al portone dell'Università di Medicina, in Strada Nuova, è stata rimodernata negli anni settanta con molta cura, e conserva ancora la sua atmosfera Liberty. E' catalogato come uno dei caffè storici d'Italia, vedi il sito
www.localistorici.it
Ci sono ancora due antichi banconi, con i prodotti dolciari in bella vista, e scaffali con le varie specialità.
Una saletta in fondo, con i suoi tavolini, ci accoglie e ci offre la possibilità di degustare comodamente  la torta Vigoni. Le fette sono molto grandi, il costo per ogni fetta è di euro 2,50.
Appena assaggio credo di capire perchè venga chiamata Paradiso: sembra di addentare una nuvola, e inoltre il suo sapore è una vera delizia, così delicato e piacevole! Sento il gusto del limone, poi il burro e infine la farina. Il dolce è così soffice e morbido che non è "soffocante". Delizioso.
Unica leggera pecca: io sento poco le uova. Forse non si devono sentire, forse non è il periodo giusto per le uova saporite, ma penso che una qualità di uova superiore non sarebbe male.
Usciamo più che soddisfatte, non senza esserci prima ricordate di acquistare la torta per l'amica rimasta a casa. La confezione da 400gr costa 10 euro, e quella da 800gr costa 20 euro.





 Voto della torta Vigoni:
Eliana voto: 10
Giuly  voto: 10
Fulvia voto:  8
(Il voto di Kim non lo sappiamo, ma sicuramente ha gustato molto questo dolce, perchè dorme felice nel suo cestino).


Lasciamo Pavia salutate dallo strepito di mille pappagalli. Mi ha molto colpita, scoprire che in questa città vivono in libertà questi uccelli, che evidentemente si sono adattati benissimo al clima di Pavia!



Grazie a Gabry per le foto della torta e del locale!




L'interno del locale




La pasticceria Vigoni vista dall'esterno