Rinascimento
Torta di cilige del Rinascimento
Ecco due ricette rinascimentali a confronto.
La torta di ciliegie di Plàtina (1421-1481)
Piglia delle ciliegie, leva il nocciolo e pestale ben bene nel mortaio
con delle rose rosse, poi aggiungi del cacio grattato o del cacio
fresco, un poco di pepe, un poco di zenzero e quattro uova sbattute,
mescola bene poi spalma di grasso una casseruola, mettici un fondo di
pasta e versaci la composizione, poi cuoci a fuoco lento, e quando la
levi dal fuoco versaci sopra dello zucchero che avrai sciolto in acqua
di rose
Per 4 persone
200 gr di farina, 80 di burro, ½ dl d’acqua, 1 pizzico di sale, 1 kg di
ciliegie, 8 cucchiai di petali di rosa rossa, 200 gr di mascarpone, 1
pizzico di pepe, ½ cucchiaino di zenzero, 4 uova, 4 cucchiai di
zucchero, 2 cucchiai di acqua di rose.
Impastare la farina con il burro unendo l’acqua e il sale. Lasciar
riposare la pasta in frigorifero per un’ora poi stenderla e foderare una
teglia imburrata. Snocciolare le ciliegie, levare il bordo bianco ai
petali di rosa e pestarli insieme alle ciliegie. Con il mascarpone, il
pepe il sale lo zenzero grattugiato e le uova sbattute fare una glassa,
mescolarla bene alle ciliegie e ai petali di rosa e distribuirlo sul
fondo della pasta stesa. Cuocere in forno a 180° per 40 minuti poi
cospargere di zucchero e spruzzarla con acqua di rose
Per fare torta di ciliege. Martino da Como (sec.XV)
Habi le cerase de le più negre che tu trovi, et cavatene fora le ossa
macinarale molto bene nel mortale, et habi de le rose roscie battute
molto bene col coltello, con un pocho di cascio frescho et un pocho di
bon cascio vecchio, agiongendoli de le spetie, cioè canella, zenzevero,
et pocho pepe, et del zuccharo; et mescolarai molto bene tutte queste
cose, agiongendovi etiam tre o quattro ova secundo la quantità che
vorrai fare, et con la crosta di sotto la metterai a cocere a bello agio
in la padella. Et quando sia cotta gli metterai di sopra del zuccharo
et dell'acqua rosata
Per 6 persone
Pasta frolla: 300 g di farina, 100 gr.di zucchero, 150 gr.di burro, 2 tuorli d’uovo, scorza grattugiata di limone
Per il ripieno: 300 gr di ciliegie snocciolate, 300 gr di ricotta
freschissima, 150 gr di zucchero, 2 uova, un pizzico di cannella in polvere, un pizzico di zenzero fresco gratuggiato, 1 cucchiaio di acqua
di rose.
Tritare le ciliegie, setacciare bene la ricotta e, sempre mescolando,
unire le uova intere, lo zucchero, la cannella, lo zenzero, l’acqua di
rose e infine le ciliegie. Dividere in due pezzi la pasta frolla.
Stenderne una parte in una teglia imburrata, versarvi il composto di
ricotta e ciliegie livellandolo.
Stendere la pasta rimasta e con una rotellina formare strisce da
disporre a grata sulla crostata. Mettere in forno preriscaldato a 200°
per 45 minuti. Far raffreddare e servire.
Tutto ebbe inizio con un committente: Ludovico Trevisan, ricco e mondano cardinale che divenne patriarca di Aquileia nel 1439 e ciambellano papale l’anno successivo. Soprannominato “cardinal Lucullo”, per la sua prodigalità nell’allestir banchetti, il prelato aveva un cuoco personale di nome Mastro Martino da Como che compose per lui un manoscritto: "Liber de arte coquinaria". Questo ricettario, specchio della gastronomia italiana del tempo, sarebbe rimasto misconosciuto se nel 1474, il letterato e umanista Bartolomeo Sacchi detto "Platina" (direttore della Biblioteca Pontificia sotto Sisto IV), non lo avesse utilizzato per la sua pubblicazione “De honesta voluptate et valetudine”, manuale del come affrontare serenamente, saggiamente e igienicamente la vita. Platina tradusse il libro del capocuoco Martino in latino classico, per cui l'opera ebbe ampia diffusione anche al di là dei confini italiani. In nemmeno cento anni apparvero oltre trenta edizioni e il libro fu tradotto in francese, inglese e tedesco.
L'opera del Platina, suddivisa in dieci capitoli secondo la tradizione classica, costituisce una preziosissima fonte di notizie sulla vita e la cucina italiana del Quattrocento. Dai suggerimenti per fare sport, all’importanza della scelta del cuoco; dal come preparare la tavola, all’ora ideale per mangiare, ai migliori metodi di cottura di ciascun alimento. La parte dedicata alle ricette, riprese da Mastro Martino, dava all'arte culinaria europea un impulso decisivo verso la gastronomia moderna.Grazie a Platina e a Mastro Martino la cucina diede l'addio al Medioevo, non c'era più bisogno di condire ogni piatto con dovizia di spezie pregiate per dimostrare quanto fosse ricco e distinto il padrone di casa. Bisognava invece cucinare, nel modo più naturale possibile, alimenti di per sé buoni e reperibili ovunque. Nel testo di Martino era inconfondibile anche l'influsso della cucina araba, non solo nelle salse che egli preparava con uvetta, prugne e uva, ma anche nella vasta gamma dei suoi dolci, che andavano dalle mele candite alla torta di mandorle. Benché la nuova cucina italiana accogliesse i cibi provenienti dalla campagna, non lo faceva però in maniera incondizionata. Rifiutava le pappe e i purè di cereali o di verdure, che allora come nel passato erano i cibi dei poveri, mentre alcuni odori oggi molto amati li respingeva come grossolani: "l'aglio e la cipolla vanno bene per i contadini, che li mangiano volentieri e a cui si addicono per la povertà della loro condizione e per il lavoro che fanno".
www.taccuinistorici.it
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