venerdì 18 gennaio 2013

TORTA DELLE ROSE

Emilia Romagna



Questa è una torta di pasta dolce con una ricca farcitura e ricorda una brioche soffice ripiena di burro e zucchero. Il nome torta di rose deriva dall’unione delle girelle che nascono quando si taglia l’impasto farcito e arrotolato. La farcitura è composta da una grande quantità di burro e zucchero, che gli conferiscono quel sapore caratteristico che solo questa torta possiede. In questa fase è molto importante utilizzare un burro di qualità, in modo da conferire più sapore al dolce.
ingredienti:

per l’impasto:
500 gr farina bianca
1 busta di lievito di birra in busta
100 gr zucchero
1 busta di Vanillina
1 cucchiaino raso di sale
scorza grattugiata di un limone
2 uova
80 gr burro
125-150 ml latte tiepido

per la farcitura:
100 g burro a temperatura ambiente
100 g zucchero
Come prima cosa si unisce il lievito alla farina, poi lo zucchero, il sale e la vanillina, le uova, la scorza di limone ed infine il burro fuso. Si inizia ad amalgamare il tutto e poi si aggiunge via via il latte tiepido, fino ad ottenere un composto sodo ed elastico che andrà lavorato a lungo, anche una decina di minuti. Metterlo poi a lievitare per un'ora e mezza circa e intanto preparare la farcitura,montando il burro ammorbidito con lo zucchero fino ad avere un bel composto spumoso.
Dopo la lievitazione il nostro impasto avrà pressoché raddoppiato di volume.
Porlo sulla spianatoia e tirarlo fino ad avere una sfoglia di circa 35 x 50 cm. si dovrebbe tirare bene senza problemi
Spalmare la crema di burro sulla sfoglia e poi arrotolarla dal lato più lungo, e tagliarla in pezzi (almeno 10-12) di altezza più uguale possibile.

Disporre i pezzi in una teglia ricoperta di carta da forno bagnata e strizzata e far lievitare un'altra mezz'ora. 

Infornare a 200° per 25'-30'



Cenni storici

“Questo dolce vanta antichissime e nobili origini.
Nel 1490, alla corte dei Gonzaga, giunse, sposa del marchese Francesco II, Isabella d'Este.
Per onorare gli ospiti ferraresi si fece festa con molto sfarzo; vennero imbanditi sontuosi banchetti con le prelibatezze della splendente cucina rinascimentale mantovana. In occasione di quelle feste, per rendere omaggio a colei che sarà definita la "First Lady" del Rinascimento, si ideò la Torta delle Rose, un delicatissimo dolce che non aveva eguali nelle corti d'Europa.
Isabella ne fu a tal punto incantata che, in seguito, si narra predisponesse favorevolmente l'animo dei suoi ospiti con una rosa ancora calda di forno.
Creato con pochi, semplici e comuni ingredienti dai cuochi dei Gonzaga, unisce il fascino della dolcezza al toccante richiamo della morbidezza: il suo segreto è custodito nell'amore, nella passione e nella pazienza impiegati per la sua esecuzione.
La Torta delle Rose non ammette fretta, velocità od urgenze. La sua realizzazione richiama piuttosto le pause necessarie per dipingere un quadro od un affresco: dalla preparazione del fondo fino all'ultima languida pennellata.
Manipolare nel modo più appropriato e poi unire gli ingredienti richiede una predisposizione artistica nelle sequenze della preparazione.
Da Isabella d'Este a Federico II duca di Mantova a Giulio Romano il passo è breve; in quel florido e glorioso ambiente non poteva che affermarsi un dolce unico anche nel nome: la Torta delle Rose.
L'influenza di quella rigogliosità si propagò in tutto il ducato e giunse anche nei territori bagnati dal fiume Mincio nell'alto mantovano, spesso contesi ai Visconti di Milano e ai Della Scala di Verona.
Valeggio sul Mincio partecipò di questo clima e di questi umori sempre in prima persona.
Oltre 500 anni di storia testimoniano come le usanze, la lingua e soprattutto la cucina di questo territorio siano strettamente intrecciate come in un romanzo avvincente.
La Torta delle Rose, creata per rendere omaggio alla gentilezza ferrarese di Isabella d'Este, è giunta immutata sino ai nostri giorni ed ogni cittadino del gusto ne apprezzerà la sua unicità.
Assaporandola, scaturisce anche un senso di gratitudine verso tutte quelle persone grazie alle quali possiamo degustare un dolce che ha maturato oltre cinque secoli di vita, con gli ingredienti e la preparazione gelosamente conservati e tramandati per generazioni.”

Ricostruzione/rivisitazione storica di
Luigi Mattiazzi




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