giovedì 24 gennaio 2013

LO ZUCCHERO

LA SABBIA BIANCA





Origini

Nel corso dei millenni che hanno preceduto l’era industriale, la canna ed il miele hanno costituito la sola fonte di sapore dolce nel mondo.
La canna è stata coltivata fin dall’antichità  nella Nuova Guinea e nelle isole circostanti
Di qua la canna è migrata verso le Nuove Ebridi, la Nuova Caledonia e le Isole Figi.
La si ritrova più tardi nelle Filippine, in Indonesia, in Malesia, in India ed in Cina.
E’ verso il III secolo a.C. che i mercanti indiani e persiani iniziano ad importare lo zucchero in Arabia ed in Egitto.
Gli arabi appresero dai persiani l’arte di fabbricare lo zucchero in forma solida. Il nome zucchero deriva infatti dall'arabo, e significa "sabbia".
Il clima preferito dalla canna da zucchero è quello caldo-umido e perciò venne coltivata soprattutto nei caldi paesi tropicali, solo nel VII secolo gli arabi acclimatarono la canna da zucchero nei paesi mediterranei.
E’ così che la canna si impianta nella Valle del Nilo e in Palestina.
Sotto la loro influenza la canna conquista ben presto la Siria, tutta l’Africa del nord, Cipro, Rodi, le Isole Baleari, poi la Spagna del sud.
Nell' XI sec. i Genovesi e i Veneziani presero ad importare modeste quantità di ciò che veniva chiamato
sale arabo che le Crociate resero ancora più diffuso. Fu Federico II di Svevia che provvide a far coltivare la canna da zucchero in Sicilia (ove era già stata introdotta dagli arabi), ma lo zucchero restò per molto tempo una spezia rara e preziosa, venduta dagli speziali e dai farmacisti a carissimo prezzo, come medicina in uso per sciroppi, impacchi ed enteroclismi.
La scoperta del Nuovo Mondo segna una svolta nella storia dello zucchero.
Con la scoperta dell' America gli spagnoli introdussero la coltivazione della canna da zucchero a Cuba e nel Messico, i portoghesi in Brasile, inglesi e francesi nelle Antille, in quei territori cioè dell'America centrale e meridionale che ancora oggi ne sono tra i maggiori produttori. Poiché lo zucchero delle Americhe era migliore e meno costoso, le coltivazioni spagnole e italiane scomparvero, insieme ai traffici con i territori arabi.
Nacque un fiorente traffico di importazione, che rese il prodotto, per quanto di lusso, più comune.



Nel 1575, l'agronomo francese Olivier de Serres osservò che un ortaggio comunissimo ed ampiamente coltivato, prevalentemente ad uso foraggio, la barbabietola, se cotto produce uno sciroppo simile a quello della canna da zucchero, molto dolce. L'osservazione rimase tuttavia lettera morta e lo zucchero di canna rimase l'unico disponibile ancora per molto tempo. Nel giro di un secolo, tra il 1640 e il 1750, il consumo della sostanza triplicò, incentivando il fenomeno della tratta degli schiavi dall'Africa, che venivano catturati e deportati per lavorare nelle piantagioni.
Fu nel 1747 che il chimico tedesco Andreas Marggraf riuscì a dimostrare la presenza di saccarosio dalle barbabietole. Nella seconda metà del 1700 Franz Achard, allievo di Marggraf, ideò un processo industriale per l'estrazione dello zucchero dalla barbabietola. Il primo zuccherificio sorse in Slesia nel 1802.
Nel frattempo, con l'ascesa di Napoleone, si erano intensificati i contrasti fra i francesi e gli inglesi. che culminarono, nel 1806, con il blocco delle importazioni inglesi in Francia. Per reazione, gli inglesi, padroni del mare, bloccarono le navi dirette ai porti francesi. Lo zucchero proveniente dalle Americhe diretto in Francia, per conseguenza, scarseggiò e raggiunse prezzi proibitivi. Per questo motivo la produzione di zucchero da barbabietola venne incentivato dal governo di Napoleone e vennero aperti molti nuovi stabilimenti, soprattutto in Francia.
Dopo il congresso di Vienna del 1814, lo zucchero da canna riprese a circolare, ma lo zucchero da barbabietola era molto più conveniente e la sua espansione fu inarrestabile.



 

Fu una scoperta importantissima perché i paesi dal clima freddo non potevano coltivare la canna da zucchero ma erano in grado di coltivare su larga scala la barbabietola. Il suo costo, meno proibitivo, lo rese via via più accessibile anche ai ceti più bassi e cambiò le abitudini alimentari dell'Europa.


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